Giochi e giocattoli
Il gioco simbolico è l’esercizio dell’empatia che si sperimenta fin da piccoli. Non una semplice imitazione, ma la piena espressione dell’immaginazione. Quindi da una parte consente di entrare nei panni degli altri e assorbire parole, movenze, sentimenti e linguaggio non verbale. Dall’altra apre la sperimentazione di infiniti mondi possibili.
Il gioco del “far finta” è la base delle migliori teorie pedagogiche ed educative. Infatti rappresenta l’impalcatura del gioco stesso.
Sommario
Il gioco simbolico
Il gioco simbolico consente al bambino di rappresentare ciò che non è realmente presente.
I bambini dai 3 ai 6 anni si approcciano alla realtà sia attraverso l’emulazione che la creatività e la fantasia.
Il gioco simbolico non consente soltanto di sperimentare la vita degli adulti, ma assegna anche ruoli diversi agli oggetti. Qui il bambino sa bene di “far finta” e quindi distingue la realtà dalle infinite soluzioni che la fantasia gli propone. Il tempo e lo spazio esulano dalla realtà, utilizza un oggetto al posto di un altro e veste i panni di altri. L’esempio più calzante è quello della tazzina da caffè vuota.
Il bambino simula di sorseggiare il caffè ed esprime tutta la gestualità e le sensazioni collegate a quel gesto. Farà finta che il caffè è bollente, amaro, o lungo. In questo modo i bambini hanno la possibilità di fingere ma anche di esprimere emozioni reali. Di andare oltre e dare libero sfogo alla creatività.
Il gioco simbolico è infatti un esercizio che consente di manifestare la propria emotività. Ma anche di esprimere angosce per esperienze vissute, desideri reconditi. I bambini hanno la possibilità di conoscere se stessi e imparare a sentire le emozioni degli altri.
Il gioco del far finta consente di ampliare il vocabolario, esercitare il linguaggio e animare oggetti reali o immaginari. Così accade che ogni oggetto potrà assumere forme e ruoli differenti.
Per consentire l’ingresso al gioco simbolico anche agli adulti, sarà necessario instaurare un rapporto di fiducia. Il bambino dovrà sentirsi libero di aprire la sua mente all’immaginazione e trovare complicità fra i suoi compagni di gioco. Gli adulti dovranno assecondare la sua creatività partecipando attivamente.
I giochi di imitazione
Sul gioco simbolico e sui giochi di imitazione c’è una vasta letteratura. Fra le correnti di pensiero più accreditate troviamo quella proposta da Jean Piaget che concorre a costruire l’impalcatura delle teorie pedagogiche. La capacità di agire “come se” e di simulare situazioni, è una capacità di rappresentazione mentale del bambino. Attraverso l’uso del pensiero simbolico, il bambino acquisisce la cosiddetta “capacità rappresentativa”. Quindi è in grado di rappresentare mentalmente cose, oggetti, situazioni e persone.
Piaget sostiene infatti che il gioco simbolico abbia due caratteristiche importanti.
La prima è che attraverso il “far finta” il bambino memorizza e assorbe ciò che ha imparato precedentemente. In secondo luogo rafforza la consapevolezza di agire su quelle informazioni che ha già interiorizzato.
I giochi di imitazione intervengono quando il bambino è in grado di modificare la realtà attraverso la fantasia. Ovvero quando è in grado di staccarsi dal mondo reale per sperimentare altri mondi possibili.
Un valido esempio di gioco simbolico è offerto dalla cucina giocattolo.
Qui il bambino ha la possibilità di interpretare e di emulare le azioni degli adulti. Oltre che di assegnare ruoli nuovi e di animare oggetti e cibi. Anche le bambole svolgono questa funzione, così come i banchi dei mestieri, i kit da lavoro. Poi ci sono le assegnazioni di ruoli e significato agli oggetti, dove una cosa si utilizza per significarne un’altra.
Così un cartone diventa una barca piuttosto che una navicella spaziale. La sedia della cucina diventa il sedile di un’auto e il peluche diventa un orso parlante. Nell’assegnazione di un ruolo diverso da quello che è nella realtà il bambino trasferisce emozioni e paure. Nel gioco simbolico i genitori possono anche intercettare angosce e preoccupazioni, per intervenire e tranquillizzarlo.
Il gioco del “Far finta”
Il gioco simbolico richiede sempre la complicità dei genitori prima che dei coetanei. Intanto perché l’imitazione è un processo a cui il bambino aderisce fin dalla nascita per adattarsi all’ambiente. E in realtà è quanto avviene anche nel mondo degli adulti.
Il gioco del “far finta” presuppone un ampio spazio di creatività e di immaginazione che sviluppa molteplici abilità. Da quelle del linguaggio a quelle motorie e sensoriali. Senza escludere l’empatia e l’arricchimento complessivo in ottica di problem solving.
Il gioco simbolico diventa più articolato e complesso quando il bambino interpreta ruoli e situazioni ben definite. Ovvero quando “fa finta” di essere la maestra, il medico, il meccanico. In questo caso fanno capolino non solo la creatività e l’immaginazione ma conoscenze specifiche. Nella fase più adulta del gioco simbolico, il bambino conosce i ruoli e attraverso l’interpretazione arricchisce le conoscenze. Saprà riconoscere la funzione specifica assegnata alla maestra piuttosto che al medico. Quindi sarà in grado di interpretare veri e propri copioni di gioco, e di replicare situazioni a cui ha preso parte.
In questo modo accade che l’ambientazione diventa secondaria, e che ogni bambino potrà vestire i panni di chi vorrà. Poliziotti, infermiere, agricoltori, supereroi, parrucchiere ed altri saranno i ruoli più ambiti. Partendo da situazioni reali, il bambino potrà avvalersi della sua creatività per inventare storie, conoscere gli altri.
Nella condivisione del gioco simbolico, sarà necessario mostrarsi accoglienti con altri. Ognuno dovrà mostrare empatia per le emozioni esternate dall’altro, e quindi complicità. Un esercizio che consente l’osservazione e il racconto del mondo che ognuno ha dentro di sé, oltre a ciò che lo circonda.
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